Recensioni Critiche

CONOSCI TE STESSO: PIERGIO' AL MUSEO DELLE GENTI D'ABRUZZO
di Maurizio Cimino

Nel santuario di Apollo a Delfi, i fedeli inerpicatisi lungo la via sacra restavano abbagliati dalla maestosità delle Fedriadi, torreggianti contro l’azzurro più puro, e dall’opulenza delle offerte votive, baluginanti d’oro, avorio, bronzo, marmo. La na1:ura ~ l’arte concorrevano, in pari misura, a eccitare la vista ma, al culmine dell’ascesa, qualcosa avrebbe toccato direttamente lo spirito. Giunti, infatti, dinanzi la facciata del templio, i devoti del.nume venivano ammoniti, in modo frontale, dalla esortazione incisa su un’epigrafe: Conosci te stesso. Poche parole ritenute un cardine della saggezza greca e, più in generale, del pensiero occidentale. Solo dalla ricerca interiore, per quanto faticosa e lunga, prende forma la consapevolezza dell’esistenza.

Conosci te stesso è anche il titolo della mostra di Pierluigi Di Michele, in arte PierGiò, curata da Maurizio Cimino e Raffaella Mervoglino, allestita presso il Museo delle Genti d’Abruzzo a Pescara.
Si tratta di un’ulteriore e importante tappa nel già ricco percorso dell’architetto, pittore e scultore, nato nella città di Pescara nel 1969, che dalla meditazione emotiva, dai nascosti combattimenti dell’anima trae nutrimento. PierGiò scava instancabile con le sue mani dentro sé stesso, indugia tra le pieghe più intime e restituisce tutto all’osservatore, con una sincerità cristallina e un’urgenza espressiva, che inducono spontaneamente alla riflessione sulla complessità del reale. Non a caso, tra i punti ideali di riferimento, PierGiò annovera un maestro dell’introspezione, il norvegese Edward Munch, e un’opera di lacerante impatto, L’urlo, con la quale ha voluto confrontarsi, se non proprio immedesimarsi fino in fondo. Siamo, per una precisa scelta estetica, nel cuore di un’arte che non fornisce risposte ma pone domande, non rassicura ma inquieta, non cavalca la facile onda della omologazione ma dichiara la sua libertà. Un’arte che cerca la condivisione di chi guarda, nel nome di una comune sofferenza e di un comune bisogno d’amore.

Insieme a una selezione di opere rappresentative delle diverse fasi di ricerca, la mostra pescarese presenta un nucleo di opere nuove, concepite per l’occasione e accomunate alle altre dall’assenza di compiacimenti formali o di inutili estetismi. L’esplosivo immaginario visivo comprende: anatomie umane stravolte, ai limiti della riconoscibilità, ridotte in alcuni casi a degli ammassi sfatti di carne e in altri ad esserini filiformi dai grandi occhi attoniti, ma dotate allo stesso tempo di una palpitante verità; animali luttuosi che sembrano essere scagliati in mezzo a noi da un passato remoto o da un presente senza speranza per il destino della natura; cime di montagne irraggiungibili, percepite come soglia di un mondo altro.

Nella ricerca e nell’attività dell’artista sono presenti, inoltre, temi rivelatori di una vivace sensibilità religiosa, in senso lato: dai perentori simulacri della fertilità e dalle dolenti vittime dei sacrifici rituali che, pur nella memoria di culti ancestrali, appaiono di bruciante attualità, fino ai misteri custoditi, da oltre due millenni, dalla Chiesa cattolica, ancora in grado di interrogarci e di spingerci a quella conoscenza di noi stessi, richiamata dal motto delfico. Alcune opere propongono letture della Storia contemporanea, delle guerre che spaccano i popoli: la sttiscia di Gaza diventa significativamente Strisce di Gaza, per indicare un conflitto armato, emblematico dei numerosi altri conflitti che appestano la vita contemporanea.

Cadono le categorie prestabilite: le sculture grondano di colori e i dipinti assumono forme plastiche. Elemento peculiare di molti lavori risulta la combinazione di materiali di diversa natura, soprattutto legno e plastica, ma anche ferro, poliuretano, stoffa ed elementi vari di riciclo. A questo modus operandi, derivante da una febbrile, inesauribile energia creativa, non appare estraneo un potere alchemico, che esalta la metamorfosi della materia, ovvero il cambiamento di stato di ogni cosa, e delinea le fasi della processualità, muovendo dal caos primordiale degli elementi per giungere al mistero della creazione. Vengono in mente le parole del filosofo greco Democrito: Si vedrà che·è assai difficile conoscere quali siano le reali proprietà delle cose.

La location di Conosci te stesso negli spazi del Museo delle Genti d’Abruzzo, che raccoglie preziose testimonianze della storia culturale e sociale della regione, lungi dal rappresentare un semplice sfondo, costituisce invece un aspetto identitario dell’esposizione, perché l’autore pescarese coglie della sua terra gli umori profondi, quali il millenario apporto tra arte e natura, nonché la fierezza e la capacità di resilienza. PierGiò e il Museo delle Genti d’Abruzzo percorrono, dunque, un tratto di strada insieme, mescolano le loro acque in un unico fiume: il passato proietta la sua forza nel contemporaneo e il contemporaneo fa rivivere il passato, secondo accordi inaspettati e sorprendenti per i visitatori votati alla curiosità.

“Le opere di Pierluigi Di Michele, in arte Piergiò, colpiscono emotivamente. Le immagini (è così che le vedo, in immagini e non dal vivo, il che inevitabilmente limita e de-limita il campo delle mie impressioni sensoriali) mi arrivano con forza addosso con un senso di immediatezza quasi viscerale. Mi interrogo, credo sia perché i lavori di Piergiò riflettono con potenza una categoria universale dell’umano che, da psicoanalista, definirei come “dimensione del primitivo”. Il primitivo ha a che fare con l’origine arcaica dell’umano, con l’esigenza originaria dell’uomo di tramutare il gesto in rappresentazione, per comunicare qualcosa all’altro. Queste opere attuali, realizzate con materiali attuali, mi ricordano le pitture rupestri, le prime incisioni dei primi uomini, la prime macchie di colore con forme umane o totemiche.

L’apparentamento fra queste opere artistiche, così contemporanee, e quelle espressioni artistiche così ancestrali, mi sembra del tutto evidente ed istituisce una continuità tra passato e presente, fra l’uomo primitivo e il cosiddetto uomo della post-modernità. Penso dunque di poter rispondere all’interrogativo che ponevo a me stesso all’inizio: perché le immagini del lavoro di Di Michele mi “arrivano nel corpo” con tanta forza e immediatezza? Direi che è perché esse risuonano e si incontrano col primitivo che è in me, con la dimensione primitiva che è nella mia natura e nella natura umana tutta, con il mio “infantile rimosso” che rintraccia in quei segni i suoi stessi primi segni. Se l’arte ha, fra le sue molte ragioni d’essere, quella di esprimere in forme uniche e particolari una qualche forma universale, per me le opere di Piergiò rientrano di diritto fra quei lavori artistici in stretto contatto con l’universale dimensione primitiva dell’esistenza umana”.
Dott. Darwin Mervoglino – Psicoanalista

Il Drago

tecnica mista su legno - mis. 32x32 cm

“Pierluigi Di Michele, in arte PierGiò, è un maestro di innovazione, prim’ancora che d’arte.  Nato a Pescara nel 1969, la sua carriera artistica è una miscela costituita dall’attenzione per il mondo in cui vive e dalla sperimentazione, peculiarità che hanno condotto PierGiò a dare vita a opere che trascendono la bidimensionalità, in una costruzione volumetrica che crea uno spazio più consono e capiente per i racconti di colore del maestro. Di Michele si caratterizza per uno stile unico e ricercato, eppure in continua evoluzione, come se l’artista fosse ancora alla ricerca di una strada migliore per meglio incanalare i propri tormenti esistenziali, nonché le emozioni e le sensazioni scaturite in sé dal vivere quotidiano. Nelle opere di PierGiò, pittoriche e scultoree, vi è una presenza costante del mondo animale, sia reale, sia leggendario, in un chiaro suggerimento dell’artista di orientare l’umanità verso un riavvicinamento dell’uomo agli animali, ma anche una certa ironica rappresentazione della razza umana, stigmatizzata in esseri diversi, quasi a volerne cambiare le fattezze, non riconoscendosi in questa società contemporanea. PierGiò esprime il proprio tormento per la società e il mondo in cui vive anche nelle raffigurazioni umane, che, quando sono protagoniste del supporto, risultano puzzle incastrati in maniera casuale, con forbici che svolazzano negli angoli, fili attorcigliati che contornano labbra, seni, arti, dando forma a opere che raccontano di come Di Michele desidererebbe rimodellare il presente, proprio come un sarto modificherebbe un abito dal taglio banale, opere che riescono ad affrontare anche temi diversi, come la violenza sulle donne e l’abbandono sociale. Nell’arte del maestro pescarese, colore, forme e volumi sono espressione del tormento interiore e della riflessione sul mondo esterno, dove la plasticità prende vita e le cromie sono estroflessioni dell’anima dell’artista. PierGiò riformula le regole del senso estetico dando luogo a opere suggestive in cui colore e materia danzano sui supporti con elegante armonia, lasciando a piccoli particolari il compito di sintetizzare il messaggio, sempre presente e carico di significato. E i dettagli sono quasi sempre occhi, luminosi o enormi, ora di un cane, altre volte di un drago o di esseri alieni, con i quali PierGiò lega gli occhi all’anima, scavando oltre lo strato apicale della pelle, per raggiungere la parte inconscia e più vera degli altri, così come di se stesso. Le opere di PierGiò sono mondi onirici a cui l’artista dona spesso tridimensionalità per meglio favorire l’ingresso degli uomini nei suoi luoghi immaginari, nel suo insieme vitale, nei suoi tormenti e nelle sue riflessioni, come se la sua arte fosse un passaggio dimensionale per universi paralleli, o un’astronave pronta a esplorare altri pianeti.
Nelle opere a due dimensioni, vi è sempre luce, nella parte superiore oppure al centro, estroflessioni delle speranze e della voglia di cambiamento che, pur non apparendo viscerali, sembrano avere una forte importanza nel tormento cromatico dell’artista, così come la presenza costante del rosso denota un attaccamento alla vita che non può essere soffocato, ma necessita di essere raccontato. Tuttavia, ciò che più di ogni altra cosa caratterizza PierGiò è senza dubbio la presenza importante di simboli, perché in ogni sua opera, in ogni forma, colore o dettaglio, vi è un segno che riconduce a uno o a più temi del nostro passaggio nel mondo. Di Michele non è un artista da valutare esclusivamente fidandosi del senso della vista, perché sarebbe impossibile coglierne tutti i messaggi, ma necessita di una sensibilità elevata, per comprendere la grammatica del colore e dei volumi. L’espressione artistica permette a PierGiò di trasformarsi in un creatore, capace di dare la vita, ma anche di distruggere ogni cosa con gli artigli di un drago, e le sue opere sono messaggi cifrati con i quali l’artista tramanda il suo sapere, le sue riflessioni, invitandoci a entrare nel suo mondo per costruire insieme un nuovo presente”.
Pasquale Di Matteo, critico d’arte

“Pierluigi Di Michele è uno di quegli artisti che sanno dar prova di una creatività a trecentosessanta gradi senta rischiare di fallire in alcun tentativo. Opere colorate, brillanti e dalle particolari lavorazioni, contraddistinguono il suo operato che tocca diverse tematiche e diversi stili, senza tralasciare l’espressionismo astratto o comunque quello che è un’appendice diretta dello stile informale più classico. Alcune opere vedono il particolare impiego di materiali altri dal colore, come tessuti o materiali plastici, la scelta di dare corpo e tridimensionalità ad alcune opere diventa oculata quando l’artista stesso riesce a bilanciarne l’esistenza, anzi la coesistenza con un piano bidimensionale che può esserne il supporto o la base cromatica. Lavori originali, messaggi contemporanei e una segnica di pregio costituiscono i capisaldi della sua produzione ”.
Stefania Bison, storica dell’Arte

L'Albero della Vita

scultura tecnica mista su plastica

 “L’arte del maestro Pierluigi Di Michele svela una segnica evoluta che trae linfa vitale da un’alchimia cromatica di eccelsa fattura. Le sue opere tra l’informale e il fumettistico narrano i sentimenti e le emozioni con avvincente sintassi e le descrivono con una formidabile ironia. L’artista diviene così il portavoce di un’arte contemporanea rielaborato dal gusto personale e soprattutto anticonvenzionale nella formulazione della stesura narrativa. Pertanto la fruizione di tali opere risulta sempre carica di nuovi stimoli artistici. Mai noiosa e prolissa, piuttosto è ricca di dettagli e particolari che sono spunto in continuo rinnovamento per la fantasia dello spettatore. La tavolozza di PierGiò è valido strumento per raffinare l’esposizione pittorica e svela una formidabile creatività. Nelle sue opere emerge la strabiliante fecondità di una fantasia creatrice, capace di amplificare i valori estetici e spirituali captati dalla realtà per convogliarli in un messaggio di respiro universale. Il linguaggio segnico del maestro Pierluigi Di Michele si basa sulla riscoperta di stilemi espressivi tradizionali per quanto concerne il mondo della pittura astratta e concettuale, e rimarca la necessità dell’artista di trovare un nuovo metodo di comunicazione che possa essere efficace. Narrare attraverso la tela, raccontare attraverso i colori, riflettere attraverso la forma, sono tutte cose che fanno si che il maestro Di Michele diventi l’interprete di un nuovo modo di fare arte; innovativo nelle tecniche, sfrutta in maniera materica il colore conferendo spessore e tridimensionalità a molte delle sue opere e questo perché l’idea di stimolare anche gli altri sensi oltre la vista, aiuta l’astante a indagare cercando di comprendere e trovare le giuste chiavi di lettura che svelino il mistero segnico dei suoi dipinti. Particolari supporti unitamente alla tecnica mista che lo contraddistingue, generano opere di grande originalità, simbolo di un talento innato per l’arte e di esteticamente impeccabili tecnicismi”.
Sandro Serradifalco critico, saggista ed editore

Le Ali del Cuore

40x45x4 cm. scultura tecnica mista su plastica

Jean-Paul Sartre sulla scia di quanto affermato da Edmund Husserl e accentuandone gli aspet­ti e le componenti esistenziali, pone fine al carattere eideticò della riflessione filosofica del primo Novecento ed evidenzia la presenza della sferaprimarià fluida e dominata dalla logica del “campo” (inteso come campo percettivo, ma anche affettivo ed emozionale, concepito come spazio organico, vissuto in prima persona) che tende a sostituire la vecchia logica dellecoordina­ te cartesiane e ogni suo derivato. PierGiò sembra respirare, recepire e mettere in atto al meglio, tra­ mite la sua produzione artistica, questo speciale linguaggio filosofico, traducendolo in semantica concettuale e facendo emergere la poderosa e portentosa corrente stilistica dell’Informalismo. 
PierGiò domina e governa il gesto creativo con forza comunicativa, maestria tecnica e strumen­ tale e coraggio di intraprendere una sperimenta­ zione di ricerca innovativa. Ama sfidare se stesso in una continua trasformazione camaleontica, che equivale anche ad una costante riflessione di vita, sul vissuto e sulle trame intessute vivendo da uomoartista di profonda e radicata esperienza e autorevolezza. Dalle opere si sprigiona una po­ tente carica di vitalità espressiva, associata alla prospettiva del sogno e della componente onirica e alla dimensione fantastica e immaginifica. 
Mathieu dipingeva direttamente con il tubetto sulle tele, affinché non fosse possibile al Super­ Io di intervenire, facendo in modo che fosse l’Es a dominare gli eventi. PierGiò nelle sue coinvol­genti performance di commistioni e profusio­ni pittoriche, sembra volerci comunicare che la passionalità e l’instinto più irrazionale e istintivo, sono guidati e convogliati verso una grande av­ventura esplorativa, verso un livello avvincente e misterioso di intrigante ed enigmatica prospetti­ va, tutta da svelare e rivelare. PierGiò accompa­gna lo spettatore dentro un cammino di permeante interazione dove condividere le esperienze e le passioni, i sentimenti più disinibiti e il pathos più intenso, prendendolo per mano, come a vo­ler percorrere insieme anche il sentiero esisten­ziale e la strada della vita, innescando un legame indissolubile e inscindibile. Le forme indefinite e le figurazioni stilizzate si mescolano insieme con armonioso intreccio, le commistioni e stra­tificazioni generano movimento plastico e con­ vogliano nella composizione scenica un vibran­te dinamismo. 

Attraverso le opere di PierGiò si può dare un sen­ so ben definito ed esclusivo all’articolato e sfac­cettato corollario dell‘Arte Informale di tendenza astratta, che seguendo il flusso e l’influsso della Natura è sinonimo di emozione creativa pura e cristallina. La materia pittorica viene lasciata li­ bera di agire sulla superficie e di espandersi in tutto il suo vivace paradigma contenutistico. Il colore si anima e prende vita, guidato con abilità dalla mano di PierGiò che ne avvalora al meglio la portata coreografica.  L’arte di PierGiò possiede valori e valenze qua­litative molto elevate, supera e oltrepassa la rap­presentazione del dato sensibile fine a se stessa e la descrizione estetica formale a sé stante, per affermare e proclamare la supremazia assoluta del comparto emotivo ed emozionale. Lo fa con sapiente mestiere e con istinto accorato, come ad ergere in alto un vessillo simbolico a difesa e tutela della libertà e dellindipendenza del fare arte, che rivendica a favore delle proprie naturali inclinazioni, ma anche a sostegno di quelle de­ gli altri artisti come lui. La sua arte riassume alla perfezione l’allegoria del divenire pittorico, inteso come metamorfosi di traslazione e di passaggio da uno stato figurativo classico e tradizionalista ad una condizione alternativa e non convenzionale, che conduce ad un magico regno di parven­ze decretate dal gusto astratto e dalle accensioni cromatiche dense, pulsanti, sferzanti con una se­ rie di “contaminazioni” ad ampio raggio di lettu­ra interpretativa.
PierGiò approda e si ancora ai lidi di una formula astratta sentita e toccante nel profondo del moto della sua anima creativa, poliedrica ed eclettica. Si percepisce un transito verso un informale me­tafisico, che lo spinge ad un’arte simbolista e metaforicamente analitica. Ogni opera assume una propria qualificante e specifica identità sostanzia­ le, una propria specifica rievocazione narrativa unica e non ripetibile e contiene delle speciali ri­velazioni cifrate e codificate, destinate a racchiu­dere messaggi sociali importanti.  PierGiò ci offre un’occasione pregevole di avvol­gente partecipazione diretta allo scenario narra­tivo e di immedesimazione piena e totale, con­ sentendoci di entrare a fare parte del suo tutto e di essere accomunati dalla stessa inesauribile curiosità verso il mondo e quanto fa parte del­ la nostra complessità esistenziale. Una lezione artistica quella di PierGiò di grande apertura e propensione verso chi accoglie e custodisce come lui il senso del Bello e della Bellezza con lungi­ mirante prospettiva, senza limitarsi al meccani­smo strettamente estetico e d’impatto visivo, ma orientandosi e canalizzando un mix equilibrato e bilanciato di fattori costituitivi, che fanno la dif­ferenza a livello sensoriale e tattile. 
Elena Gollini – curatrice, critica e giornalista d’arte

con Elena Gollini

“La storia di una collezione è storia di occasioni, d’incontri, di scoperte, s’incrocia con curiosità,
ricerche, studi. La presenza del suo operato nella raccolta delle stampe e dei disegni della mia
collezione attesta la validità del suo impegno stilistico”.
Vittorio Sgarbi – critico d’arte, storico dell’arte, saggista, politico

La Civetta

58x64 cm. - tecnica mista su legno e plastica

“La selezione del suo operato in occasione di questo prestigioso progetto attesta il valore della sua ricerca stilistica nel panorama artistico contemporaneo. La sua presenza è conferma che la creatività è una delle più importanti forme di trasmissione del sapere”.
Vittorio Sgarbi – critico d’arte, storico dell’arte, saggista, politico

Premio Internazionale Arte Milano

“Artista poliedrico, Pierluigi Di Michele in arte PierGiò, realizza opere che vanno oltre la semplice raffigurazione visiva. Le sue sono composizioni articolate e originali, caratterizzate da interessanti accostamenti di forme, volumi e simboli dettati dalla simbiotica concertazione tra la sua percezione interiore e il suo impulso creativo. Un modo di approcciarsi all’arte che può indubbiamente essere
definito coraggioso, istintivo e meritevole di plauso”.
Paolo Levi – critico d’arte, giornalista, saggista, curatore d’arte

∑ 2XXXYZ

102x95 cm. - tecnica mista su legno

Primo Premio Internazionale Arte Palermo - Capitale della Cultura 2018

L'Elefantino

56x64 cm. - tecnica mista su yuta

“L’elefantino risponde alla ricerca dell’innovazione portata avanti da PierGiò in tutte le sue opere soprattutto nelle forme antropomorfe. L’animale che sembra avere uno sguardo ironicamente umano è ridotto all’essenziale nella faccia e dissezionato nel corpo e in tanti listelli neri uniti da elementi rossi che li saldano quasi a ricostruire un corpo che in ogni modo non più nulla di reale. Anche la tecnica, olio e acquerello uniti insieme su tela di juta, conferisce all’opera un carattere di originalità. La figura si staglia su un fondo policromo costituito da un dripping di colori che, oltre a raggiungere una notevole armonia cromatica, producono un effetto aggettante così che la forma rappresentata sembra quasi voler lasciare il suo sito naturale, la tela, per inserirsi nel mondo reale dello spettatore”.
Prof.ssa Brigida Di Leo – docente di Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Pescara